La collezione aziendale dedicata al Re dei vini piemontesi si allarga grazie a questa nuova Mga, presentata con l’annata 2019. Per il produttore Matteo Sardagna Einaudi è “un ulteriore ambasciatore delle nostre amate Langhe”. Il calice rivela un rosso elegante e di grande stoffa.
Dopo Terlo, Cannubi, Bussia e Monvigliero, ora è la volta del Villero. Chi ha familiarità con i vini delle Langhe sa che ci riferiamo a cinque tra i più emblematici Cru o meglio Mga (Menzioni geografiche aggiuntive) del Barolo: specifiche porzioni di vigne dai confini ben delimitati e storicamente vocati.
La prémière del Barolo Villero
La ricerca dell’eccellenza dei Poderi Luigi Einaudi, Cantina fondata a Dogliani nel 1897 dal futuro presidente della Repubblica Italiana, passa da questa sottozona del comune di Castiglione Falletto, a 250 metri di altezza. Presentato a Milano durante un pranzo stampa al ristorante Il Liberty con l’annata 2019 – la prima prodotta – Il Barolo Villero si è rivelato in tutta la sua esuberante eleganza, con una struttura imponente, ma di gran precisione. Una bella speziatura al naso e una ricca tannicità in bocca, con finale di tabacco, incenso e goudron.
Esaltare il territorio e i suoi terroir
«La nostra ambizione è produrre e valorizzare vini capaci di emozionare ed essere ambasciatori di un universo rurale e culturale unico qualche quello delle Langhe», premette Matteo Sardagna Einaudi, quarta generazione di famiglia alla guida della proprietà. «Siamo un’azienda che non smette mai di studiare, sperimentare e guardare avanti alla ricerca di nuovi obiettivi, sempre mettendo al centro la terra per esaltarne le specificità e le differenze». Con questo spirito negli anni si è concretizzato il “Progetto Barolo” e la messa a fuoco delle diverse espressioni di terroir. Il 2016 ha segnato un nuovo corso produttivo e stilistico.
Un netto cambio di passo
«Dopo la morte improvvisa del nostro storico enologo, Lorenzo Raimondi, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo deciso di gestire tutto internamente. Abbiamo portato avanti una serie di importanti investimenti, acquisendo nuovi terreni in nuovi territori, a cominciare dai 5,5 ettari in località Bussia a Monforte d’Alba».
Anche in cantina sono stati fatti numerosi cambiamenti e la linea dei vini è stata completamente trasformata. «Oggi tutto è pensato nel segno della gentilezza, cerchiamo di stressare le uve il meno possibile. Anche l’uso del legno è cambiato: abbiamo virato verso le botti grandi, con macerazioni molto lunghe e delicate, un minimo di rimontaggio a cappello sommerso per circa 30-45 giorni in base alle annate. La nuova dotazione di vasche di cemento e tini di acciaio dai 20 ai 70 ettolitri (prima i volumi erano molto più grandi) ha favorito le microvinificazioni, un utilizzo più preciso della temperatura e in generale lavorazioni più agili.
Nuove acquisizioni e vecchi impianti
All’acquisizione di Bussia, nel 2017, è seguita quella di Monvigliero, 1,4 ettari sul bricco. «È arrivato dopo un lungo corteggiamento: i vecchi proprietari non volevano vendere ma alla fine abbiamo raggiunto l’accordo e ne vado molto fiero. È tra gli appezzamenti più settentrionali della Docg, in una delle terre più prestigiose di Verduno».
Sulle colline tra Barolo e la strada alta che collega Novello con La Morra sorgono invece i 4,8 ettari di Terlo: «Tre sono destinati al Barolo Ludo Docg, che produciamo alla vecchia maniera unendo le diverse partite dei nostri appezzamenti, mentre il resto compone il cru Vigna Costa Grimaldi, con impianti di 50 anni». Last but not least il podere di Cannubi: due ettari sulla piccola e ambitissima collina del paese di Barolo, di proprietà di Poderi Luigi Einaudi dal 1997.
Buona la prima
E il Villero? «In questo caso i terreni non sono di proprietà, ma la grande amicizia che ci lega alla famiglia Sardo ci permette di averli in gestione ogni anno. Non c’è un vero e proprio contratto; è piuttosto un patto tra gentiluomini, alla vecchia maniera con una stretta di mano. Parliamo di 1,8 ettari e l’annata 2019 ha segnato il primo imbottigliamento in esclusiva, ovvero per la produzione dell’omonimo cru». Buona la prima? «Il terreno marnoso-calcareo e ricco di sabbia ci dà la possibilità di creare un vino di grande classe, capace di essere ulteriore ambasciatore delle nostre amate Langhe. Quindi la risposta è sì».