Essere una bartender donna nel mondo della mixology oggi è impegnativo ma appagante: parola delle professioniste intervistate. Il problema dell’inclusione in un settore che è ancora a forte impronta maschile. Qualcosa, però, sta cambiando… in meglio
La leggenda vuole che la parola cocktail sia nata dall’estro di Betsy Flanagan, l’ostessa che nel 1779, dieci anni prima della Costituzione Usa, serviva ignote miscele agli ufficiali ribelli decorandole con le penne della coda dei galli. Lo racconta James Fenimore Cooper, autore dell’Ultimo dei Mohicani e scrittore di grande popolarità qualche decennio più tardi. È assai probabile che la storia non sia vera e che l’origine della parola cocktail sia ancora da scoprire. Il che non toglie nulla al fatto che la protagonista di un racconto sull’origine dei cocktail sia una donna. Nei bar di tutta Italia le donne sono centrali, dalla ragazza che racimola qualche euro dando una mano ai tavoli (è la storia di molte bariste ormai affermate come Cinzia Ferro) alle imprenditrici che diventano titolari. Ma la domanda resta: anche i bar sono poco inclusivi? Anche lì si misura la differenza che esiste in parecchi altri settori riguardo a reddito, garanzie, ruolo e magari considerazione? Al di là del glamour da Instagram, il bartender resta un lavoro maschile?
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