Degustazioni

Pisé Gavi di La Raia, cru in evoluzione

12 Gennaio 2022 Elena Erlicher
Pisé Gavi di La Raia, cru in evoluzione

Cambio di rotta per il vino di punta dell’azienda La Raia, nel Gavi, di Tenimenti Rossi Cairo. Dall’annata 2018 Pisé fermenta e riposa in botti austriache Stockinger per almeno 12 mesi. Per un bianco che darà prova di sé anche dopo 10 e forse 15 anni.

Se c’è un vino bianco che negli ultimi tempi ha dimostrato di saper evolvere in modo brillante nel tempo, grazie a lunghe soste sui lieviti e, talvolta, all’uso sapiente del legno, questo è il Gavi (ne abbiamo parlato qui). Apprezzato una volta in giovinezza, oggi questo bianco vanta molte versioni pensate proprio per l’invecchiamento. È il caso del Pisé Gavi Docg di La Raia, una delle due proprietà di Tenimenti Rossi Cairo in Piemonte (l’altra è Tenuta Cucco a Serralunga d’Alba). Si tratta di un cru, proveniente dal vigneto più particolare dell’azienda, i cui 48 ettari vitati si estendono a cavallo del confine tra i comuni di Gavi e di Novi Ligure.

La scelta del legno

Con l’annata 2018 l’azienda ha deciso di imboccare una nuova strada. «Per la prima volta, infatti, abbiamo condotto la fermentazione e l’affinamento in legno», spiega Piero Rossi Cairo, amministratore delegato di La Raia, alla presentazione del Pisé Gavi Docg 2018 al ristorante Innocenti Evasioni di Milano. Qui in cucina siede lo chef Tommaso Arrigoni, che cura anche i menu della Locanda La Raia, che ha sede all’interno della tenuta nel Gavi. «All’uopo abbiamo scelto due botti nuove da 25 ettolitri di rovere austriaco non tostato (Stockinger)», continua Rossi Cairo, «che risulta più neutro rispetto al rovere francese e preserva le caratteristiche varietali dell’uva Cortese. Dopo la fermentazione il vino è rimasto un anno intero nelle stesse botti sui lieviti; poi ha fatto un passaggio di un altro anno in acciaio. Dopo l’imbottigliamento infine è rimasto in vetro ancora per 18 mesi prima di essere presentato oggi».

Piero Rossi Cairo, AD La Raia, e l’enologa Clara Milani con lo chef Tommaso Arrigoni (Innocenti Evasioni, Milano) © B. Bassanelli

Tre annate a confronto: 2018, 2017 e 2015

Nel calice abbiamo potuto apprezzare un Gavi di ottima struttura e freschezza, dal bouquet di fiori, gesso, con una nota di vaniglia, dal sorso rotondo, quasi opulento ma salato, che darà il meglio di sé tra qualche tempo e che avrà vita lunga anche 10-15 anni. «L’annata 2018 è qui, una nuova evoluzione del nostro cru», dice Rossi Cairo, «riconosciuto, sin dalla prima edizione (la 2005), proprio per la sua capacità di evolvere in bottiglia e nel bicchiere». Non sono state da meno, infatti, anche le annate 2017 e 2015 (affinate in acciaio) che abbiamo assaggiato in una mini-verticale di Pisé Gavi. La vendemmia 2017 ha dato uve sane e molto concentrate per un vino che sa di scorza d’arancia candita, miele e foglia d’alloro e che, pur evidenziando note più mature, gode di ottima acidità, mineralità e lunghezza gustativa. Comincia a risentire del tempo che passa l’annata 2015; il un naso è più evoluto, di biscotto, miele e caramella mou, e il palato è un po’ esile rispetto all’intenso 2017.

Come nasce il Pisé Gavi

Comun denominatore delle tre annate degustate è la straordinaria capacità di evolvere nel calice, minuto dopo minuto, evidenziando sempre nuovi sentori. Una caratteristica comune che nasce anche dalla conduzione meticolosa del processo produttivo. «Le uve Cortese arrivano da una porzione dell’antico vigneto La Cascinetta, a 300 metri d’altezza», dice l’enologa Clara Milani. «Sono allevate secondo i principi della viticoltura biodinamica (l’azienda è certificata Demeter) su suoli rossi argillosi, che donano vini più strutturati e dalla spiccata mineralità. Due settimane prima l’inizio della vendemmia procediamo a una sfogliatura delle viti che aiuta a completare la maturazione e a sviluppare un maggior contenuto di carotenoidi, che conferiscono alle bucce il caratteristico colore ambrato del grappolo. La prima porzione di uve del vigneto viene raccolta a inizio della vendemmia; mentre i grappoli destinati al Pisé restano sulle piante ancora un mese e mezzo. In vinificazione e affinamento usiamo lieviti selezionati nella nostra cantina».

La natura in etichetta

Pisé Gavi è prodotto in soli 3.000 esemplari, anche se il potenziale sarebbe di 6.000. La bottiglia veste un’etichetta, rivisitata per l’annata 2018, dove l’elemento naturale – gli steli d’erba che crescono tra i filari, sui quali si posa il saltimpalo, l’uccellino simbolo de La Raia – avvolgono e portano in evidenza la scritta Pisé. Il nome deriva dall’antica tecnica di costruzione in pietra cruda utilizzata dall’artista e architetto austriaco Martin Rauch per il muro della Cantina; un materiale che garantisce un ottimo scambio termico e le migliori condizioni per la lavorazione delle uve. Pisé ha un ottimo rapporto qualità-prezzo ed è in vendita a 25 euro sul sito aziendale (con ordine minimo di sei bottiglie).

Foto di apertura: Pisé Gavi dall’annata 2018 sarà vinificato e affinato in legno per meglio affrontare la prova del tempo © B. Bassanelli

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