È stata presentata la nuova annata di tre Chianti Classico di Castello di Fonterutoli frutto di una selezione di vigne in zone molto differenti: Castelnuovo Berardenga, Radda in Chianti e Castellina in Chianti. Alcune considerazioni di Filippo Mazzei sul presente del Gallo Nero e le impressioni di chi scrive su tre vini particolari.
La storia nel Chianti Classico corre veloce nell’ultimo decennio. Nel 2014 fu introdotta la Gran Selezione (vini da uve proprie, 30 mesi di invecchiamento, minimo 90% di Sangiovese) che sollevò un polverone. Alla fine, è stata ben digerita e oggi è utilizzata dai più. A seguire, partendo dalla base qualitativa della Gran Selezione sono state introdotte le Uga (Unità geografica aggiuntive) per consentire di scrivere sull’etichetta, finalmente, un’indicazione di origine più specifica. Il Chianti Classico, infatti, copre un ampio territorio su diversi comuni con caratteristiche pedoclimatiche differenti. Non le vedremo prima di un anno (e alcune non prima di tre, cioè Lamole, Montefioralli e Vagliagli). Anche in questo caso non tutte le 11 Uga approvate hanno incontrato unanime favore. Sono comuni o villaggi di una certa dimensione non sempre con caratteri omogenei.
Il valore della biodiversità
Volendo andare più a fondo non resta che puntare sui cru, sulle espressioni delle singole vigne, ed è di una fuga in avanti di Filippo Mazzei che vi scriviamo oggi. Castello di Fonterutoli ha una storia ormai matura nel Gallo Nero e punta da tempo sulla biodiversità, uno dei valori cardine del Chianti Classico, secondo Mazzei, «un patrimonio di 70 mila ettari, di cui 10 mila vitati, dove è preponderante il bosco. Siamo certamente carbon neutral, se non negativi».

I cru in anticipo sulle Unità geografiche aggiuntive
Fonterutoli in realtà ha presentato i suoi cru l’anno scorso, con la difficile annata 2017, e noi abbiamo assaggiato la seconda “edizione”, 2018. Si tratta di vini 100% Sangiovese che intendono essere, e lo sono in effetti, voci precise nella proposta di Chianti Classico di alta gamma, fortemente ancorate ciascuna a contesti molto particolari. Oltre le Uga, dunque, o meglio una preconizzazione delle stesse. Questi vini rientrano di fatto in tre Uga, ma con espressioni molto specifiche: «La recente scelta del Consorzio vino Chianti Classico di introdurre le Unità geografiche aggiuntive», dichiara Filippo Mazzei, «conferma la bontà della nostra scelta. Il consumatore di tutto il mondo è oggi più attento alla peculiarità del vino che si fa portavoce di un territorio caratterizzato da ambienti sempre diversi. È importante che lo stesso territorio venga raccontato nelle sue varie sfaccettature per andare ad attestarsi tra i grandi vini».
Il paradosso del Supetuscan Siepi
Questa esaltazione del Chianti Classico con le sue eccellenze specifiche è particolarmente sentita dai Mazzei, che lottano con un loro personale paradosso, spiegato con trasparenza da Filippo: «Infatti noi stiamo vivendo un piccolo dramma interiore, come chiantigiani, dal momento che il nostro vino più apprezzato, anche in senso letterale, è Siepi, un Supertuscan ottenuto da Sangiovese e Merlot 50 e 50».
La strada, comunque, è segnata; ci vorrà forse un po’ di tempo per spuntare con i cru il prezzo di Siepi, ma a livello qualitativo la sfida è già vinta. Presentiamo dunque i tre vini, nell’ordine in cui li abbiamo assaggiati.
I 3 cru nel calice
Vicoregio 36, Chianti Classico Gran Selezione Docg – Castelnuovo Berardenga
Nasce dall’omonimo vigneto dove sono stati piantati 36 biotipi di Sangiovese, 18 cloni e 18 selezioni massali da viti di famiglia, frutto di 50 anni di ricerca e studio sul vitigno. Il vigneto si trova a Castelnuovo, su un plateau a 350 m di altitudine, soleggiato e caratterizzato da forti escursioni termiche tra giorno e notte e da un terreno composto da alberese e argilla. In futuro potrebbe essere inserito nell’Uga Vagliagli, sulla quale Mazzei nutre dubbi di natura commerciale, a partire dalla difficoltà di pronuncia. Nasce in zona fresca, ma non molto precoce (e grazie a questo ha scampato la gelata di quest’anno). Ha struttura ed eleganza.
Rubino chiaro brillante, con screzi aranciati, al naso è intenso, con note speziate (incenso, canfora) ben accompagnate alla nettezza del frutto (amarena, mora). È verticale, minerale, con tannino deciso, leggermente piccante. Chiude con sensazioni di uva matura e freschezza. Molto persistente.
Badiòla, Chianti Classico Gran Selezione Docg – Radda in Chianti
Nasce a 570 m di altitudine, tra i più alti vigneti del Chianti Classico, su terreno composto da galestro e arenaria. Il comune di Radda beneficia di un clima nel complesso più fresco e di temperature diurne più basse di tutta l’azienda. Ciò porta a germogliazione posticipata, maturazioni tardive e vendemmie intorno alla metà di ottobre, che restituiscono un Sangiovese di grande verticalità e tensione. Interessante anche la storia, di un terreno che era stato venduto dal nonno nel 1949, per pagare la tassa di successione, poi ricomprato dai fratelli Mazzei nel 1989. Il risultato rende onore al gesto romantico.
Dal colore rubino chiaro brillante, con tocco aranciato, è meno speziato del precedente, presenta una ciliegia piuttosto brillante, con cenni di mora e di lacca, balsamico. Ha buona concentrazione, sapidità e sul finale una mineralità piacevolmente granulosa. Gioca sapientemente sul contrasto tra maturità e acidità.
Castello di Fonterutoli, Chianti Classico Gran Selezione Docg – Castellina in Chianti
Nato nel 1995, anticipando le Gran Selezione (come i cru hanno anticipato le Uga), a partire dall’annata 2017 proviene esclusivamente dalle 11 migliori parcelle dei vigneti che circondano il borgo di Fonterutoli. A Castellina il microclima è in equilibrio tra zone alte più fresche e altre che guardano alla val d’Elsa. Si registrano forti escursioni termiche grazie alle correnti fresche notturne provenienti dai boschi attorno alle vigne. Un microclima ideale, unito alle caratteristiche del suolo calcareo ricco di rocce di alberese.
Il colore è sempre rubino brillante, leggermente più fitto. Al naso è più ampio, con profumo intenso di marmellata di fragole e amarene, accompagnato da tocchi d’incenso e di tabacco. In bocca è largo, succoso con un frutto denso e preciso. Si segnalano la perfetta maturità dei tannini e il piacevole finale agrumato.
Tre vini, tre personalità
Tirando le somme, tre grandi vini dalla spiccata personalità e per questo è più facile esprimersi al riguardo, ma con tutta la soggettività del caso. Il Castello, che è anche quello più storico, ha una completezza e un equilibrio mirabili; “perfettino”, secondo qualcuno, ma a mio avviso semplicemente ottimo sin da subito, con caratteri decisi ma in grado di incontrare un ampio gradimento in una tavolata. Badiòla è il più cerebrale, verticale come si dice in gergo, più magro anche, come chiede oggi la moda (tra i critici e gli addetti ai lavori, non siamo convinti tra gli appassionati in generale). Vicoregio 36 è l’opposto, per chi ama i caratteri forti, intenso e deciso, regale con tutte le responsabilità del caso.
Foto di apertura: Badiòla, Castello di Fonterutoli e Vigoregio 36 sono i tre cru Gran Selezione dell’azienda della famiglia Mazzei