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30 anni di Gravello Librandi in verticale (con le nostre 5 annate preferite)

30 Novembre 2018 Casimiro Maule
Per i Librandi il vino è un affare di famiglia da quattro generazioni. Dal profondo amore per la propria terra e dal desiderio di far conoscere le potenzialità del patrimonio vitivinicolo calabrese sono nati capolavori apprezzati in tutto il mondo.
Come l’Efeso e il Magno Megonio, rispettivamente da Montonico e Magliocco, la Riserva di Cirò Classico Superiore Duca San Felice, Gaglioppo in purezza. E il Gravello Librandi, storico blend di Gaglioppo e Cabernet Sauvignon messo a punto esattamente 30 anni fa, nel 1988.

In assaggio 15 vendemmie del Gravello Librandi: dal 1988 al 2014

Proprio per festeggiare questo importante compleanno, l'azienda ha organizzato all’Hotel Mandarin Oriental di Milano una verticale di Gravello Librandi riservata alla stampa. In tutto 15 annate: dalla 1988, ovvero la prima vendemmia messa sul mercato, alla 2014, la penultima disponibile. L’assaggio comparato ha permesso di valutare la coerenza stilistica, la complessità ma anche la straordinaria piacevolezza e capacità evolutiva di questo vino unico e pluripremiato.    

Il commento di Nicodemo Librandi

«Il successo del Gravello, sin dai primi anni della sua commercializzazione, è stato per noi una grande iniezione di fiducia», ha spiegato Nicodemo Librandi, che insieme al fratello maggiore Antonio negli anni Cinquanta ha fondato l’azienda in senso moderno e oggi affianca i figli e nipoti Paolo, Raffaele, Francesco e Teresa. «È stata la prova che anche da noi in Calabria potevano nascere vini top capaci di reggere il confronto con il resto della Penisola. Negli anni Novanta il Gravello vinse la medaglia d’argento al Concorso enologico del Vinitaly e fu il primo rosso calabrese a ricevere i tre bicchieri. Anche i maggiori critici internazionali si accorsero di lui e il nostro Veronelli lo definì un matrimonio ben riuscito tra Gaglioppo e Cabernet Sauvignon”».    

Le infografiche: l’omino e il fiore

A condurre il tasting è stato il celebre enologo Donato Lanati, consulente della Cantina da circa 20 anni e ormai uno di famiglia per i Librandi, che ha guidato gli ospiti in una “degustazione oggettiva” come lui stessa l’ha definita, andando oltre i classici commenti gusto-olfattivi per privilegiare dati di ricerche tecnico-scientifiche.     Le analisi di laboratorio del suo centro Enosis hanno permesso di individuare per ogni annata una serie parametri di riferimento, poi schematizzati attraverso due colorate infografiche, una a forma di “omino” e l’altra di “fiore”. La figura complessiva di ciascun omino - ovvero la grandezza di piedi, gambe, papillon e cappello - è calibrata sulla maggiore o minore presenza di corpo, alcol, tannini, ph e antociani nel vino che simboleggia l’annata. Stesso discorso per il fiore: i petali, lo stelo e le foglie hanno assunto dimensioni diverse in base ai seguenti parametri: potenziale aromatico, gli alcoli e i benzenoidi, gli esteri e acetati, markers di invecchiamento, terpeni e norisoprenoidi, composti solforati e markers del legno.    

L’evoluzione legata all’andamento climatico

«Il Gravello Librandi meriterebbe una menzione geografica alla pari dei cru francesi», precisa Lanati. «Gli assaggi dimostrano un’evoluzione legata all’andamento climatico di ciascuna annata, che ci ha portato a variare leggermente le percentuali tra Gaglioppo e Cabernet Sauvignon, ma più in generale al cosiddetto cambio climatico». Le prime vendemmie, e in particolare la ‘88, ‘90 e ‘91, evidenziano un grado alcolico più basso, rispetto a quelle degli anni Novanta, più concentrate e ricche anche per una scelta stilistica. Negli ultimi cinque anni si è assistito a un progressivo aumento del ph, che si traduce in una maggiore morbidezza e una minore acidità.    

Le cinque migliori annate

In assaggio c’erano le annate 1988, 1989, 1990, 1998, 1999, 2001, 2003, 2004, 2005, 2007, 2009, 2010, 2011, 2012 e 2014. Ecco le cinque che più ci hanno colpito. 1988 Profumi di frutta rossa e foglie di peperone che richiamano in particolare il Cabernet Sauvignon. In bocca è sottile, dotato di bella freschezza e piacevolezza con note di cenere e miele. Ancora vivo e profondamente espressivo. 1999 Decisamente più voluminoso in bocca, con tannini setosi ancora scattanti. Cacao, caffè tostato e spezie donano al sorso una grande eleganza e complessità. Finale lunghissimo 2003 Profilo olfattivo più cupo, di frutta scura in confettura e fiori appassiti. In bocca i tannini sono fini, c’è grande armonia, sapidità e una bella progressione gustativa. Bocca di liquirizia, note speziate, cacao amaro. 2011 Colpisce per l’intensità olfattiva che ricorda la ciliegia sottospirito e la macchia mediterranea. All’assaggio è caldo, morbido, rotondo, di grande struttura e impressionante lunghezza. 2014 Sia al naso che in bocca si sente la predominanza del Gaglioppo. I tannini sono ben presenti, lo spettro aromatico spazia dalla frutta rossa matura alla china e al caffè. Grande precisione e finezza. Da bere fra 4/5 anni per apprezzarlo ancor di più e meglio

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