Il Klin, vino simbolo dell’azienda di Oslavia (Gorizia), è un sogno che si materializza nel 1985,
sul modello dei grandi bianchi di Borgogna. Ma la sempre più forte consapevolezza territoriale e la bellezza stilistica che gli autoctoni conferiscono ai vini della zona faranno allontanare il Klin dagli stilemi francesi, rendendolo più vino di terroir, senza per questo privarlo delle sue doti di longevità. In che modo? Nel 1994 si abbandona la barrique di rovere francese, optando per dei tonneaux di 600 litri di rovere di Slavonia; inoltre nell’uvaggio Ribolla gialla e Friulano diventano i veri protagonisti, a fianco dello Chardonnay; quello che permane è invece il concetto di cru. Chiediamo a Silvan Primosic di raccontarci delle annate che più l’hanno emozionato: «Partirei con la 1988, dalla quale abbiamo ottenuto un vino a base di Chardonnay e Sauvignon, sottilmente elegante, di media acidità e di contenuto tenore alcolico. Il 1989 fu un’annata bellissima per il Sauvignon, con buone acidità e alcol, per un Klin profumato e armonico. La
1990 fu una bomba: i vini hanno gradazioni che raggiungono i 14% vol., senza per questo essere penalizzati in termini di acidità. Negli anni successivi, per rafforzare il legame di questo vino con il suo territorio, lo promuoviamo a Collio Bianco Doc. Il Klin del 2003 è ormai molto vicino al progetto odierno, tranne che per l’uso del legno; frutto di un uvaggio di Sauvignon, Chardonnay e Friulano in parti uguali, con un’aggiunta di Ribolla gialla dopo la fermentazione alcolica. Nel 2004 per la prima volta viene utilizzato, quasi come fosse una liqueur d’expédition, il Picolit, in una percentuale entro il 2%; il che genera nel vino un’intrigante nota di arancia candita che lo rende più complesso. Il 2006 è un’annata fresca, per un prodotto elegante, armonico e complesso; dalla grazia sensuale che si arrotonda in mezzo al palato per poi scoppiare in una cascata di sapida pulizia nel finale».