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Emilio Bulfon riscopre 24 vitigni autoctoni friulani

3 Agosto 2018 Roger Sesto
Emilio Bulfon ha una Cantina nell’area pedemontana della provincia di Pordenone. Tra Castelnovo del Friuli e Pinzano al Tagliamento, la proprietà si estende su una superficie in parte collinare, costituita da 16 ettari di cui 11 vitati a varietà autoctone friulane recuperate. Cuore della filosofia aziendale è il recupero dei più antichi vitigni friulani, giunti negli anni Settanta del secolo scorso al limite dell’estinzione, fagocitati da rovi e incuria. Questo col supporto degli ampelografi dell’Istituto sperimentale di Conegliano. Oltre a ciò, vi è anche la volontà di perfezionare i vini che ne derivano, divulgandone la storia, valorizzandoli e tutelandoli.

Un lungo lavoro di ricerca

Grazie all’impianto sperimentale di 24 vitigni indigeni, Bulfon ha ottenuto numerosi riconoscimenti istituzionali, culminati con la pubblicazione del libro Dalle colline spilimberghesi nuove viti e nuovi vini (scritto con Ruggero Forti e Gianni Zuliani) dove per la prima volta figurano le schede ampelografiche delle principali varietà recuperate: Piculit-neri e Forgiarin (bacca rossa), Sciglian e Ucelut (bacca bianca). Cultivar ufficialmente riconosciute e iscritte al Catalogo nazionale delle varietà di viti nel 1991 e dal 2003 autorizzate per essere coltivate a Pinzano al Tagliamento, Castelnovo del Friuli e Forgaria nel Friuli. Ricerca che è poi seguitata con la riscoperta di altre varietà pordenonesi: la bianca Cividin e le rosse Cjanorie, Cordenossa e Fumat. Tutti vitigni recuperati e coltivati a partire dagli anni Novanta sui terrazzamenti aziendali.    

Bulfon Etichetta nera, Piculit-neri in purezza

Da qualche tempo queste varietà sono anche imbottigliate in purezza e commercializzate. Per esempio il Piculit-neri, della famiglia dei Refosco, è proposto come un Etichetta Nera, delle Venezie Piculit-neri Igt. Si ottiene da uve raccolte tardivamente e fermentate e macerate sino a 10 giorni con il metodo Ganimede; dopo la svinatura il vino affina in acciaio e poi in botti di rovere di Slavonia e in tonneau. Ne scaturisce un nettare rubino intenso, dai profumi di frutti di bosco scuri, con ricordi di cannella. Il sorso è fresco di acidità, caldo di alcol, dal buon nerbo tannico.
Per conoscere gli altri autoctoni del Friuli Venezia Giulia clicca qui L'articolo sui vitigni autoctoni friulani prosegue su Civiltà del bere 3/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l'ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com
 

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